DATI PERSONALI DEL DEFUNTO – APPLE DEVE SBLOCCARE I CONTENUTI

Negli ultimi giorni è balzata in cima a tutte le testate giornalistiche la notizia relativa all’innovativa decisione presa dal Tribunale di Milano il 09.02.2021.

Quest’ultimo era stato investito della spinosa questione riguardante la valutazione del diniego, da parte di Apple, di sblocco del cloud appartenuto ad un ragazzo, deceduto a seguito di un incidente stradale.

A chiedere di poter accedere a suddetti dati era stata la famiglia del ragazzo, giovane chef, che desiderava poter visionare le immagini ed i video appartenuti a quest’ultimo, nonchè poter conoscere le ricette che il ragazzo si annotava, con l’intento di poterne mantenere viva la memoria.

Di fronte alla richiesta dei prossimi congiunti del defunto, il colosso statunitense si era tirato indietro, facendo valere due principali argomentazioni:

  • per poter agire i genitori si sarebbero dovuti identificare come ”portatori di un consenso legittimo già precedentemente espresso dal defunto”, dato per iscritto
  • il contenuto non poteva essere sbloccato per motivi di privacy relativi non solo alla persona del ragazzo defunto, bensì anche alle persone terze che potevano essere ritratte nelle foto/immagini in questione

Queste due argomentazioni sono state formulate in base a quanto previsto dall’Electronic Communications Privacy Act (ECPA), Act statunitense, che tutela tutte le comunicazioni, orali ed elettroniche avvenute a mezzo di strumenti tecnologici. Tale tutela riguarda sia il momento in cui le comunicazioni vengono effettuate, sia il loro transito, sia il momento di successiva memorizzazione nel computer. Per comunicazioni vanno intese non solo le e-mail, ma anche le conversazioni telefoniche e tutti i dati salvati elettronicamente nel proprio device.

Il ragionamento di Apple si è quindi basato su di una legge americana, legge dello stato ove la medesima società ha la propria sede legale.

E’ doveroso precisare che dinieghi di questo genere sono molto frequenti, e sono stati ampiamente discussi dai media internazionali, basti pensare alla strage di San Bernardino. Tale vicenda fu tristemente nota non solo per l’attentato che portò alla morte di ben 14 persone, ma anche per il relativo successivo braccio di ferro iniziato tra le autorità federali statunitensi (FBI) e il colosso tecnologico.

L’FBI voleva ottenere lo sblocco del cellulare appartenuto all’attentore per poter carpire con maggior facilità i nominativi delle altre persone coinvolte e, potenzialmente, scoperchiare una cellula terroristica ancora in attività. L’FBI però non riuscì mai ad ottenere spontaneamente tali informazioni e riuscì solamente a copiare il contenuto del device dell’attentore grazie a strumenti alternativi di provenienza israeliana.

Difatti, Apple si era fortemente opposta all’idea di consegnare dati sensibili alle autorità, sottolineando che se tale procedura fosse stata avviata, sarebbe stato sempre più difficile mantenere intatta la privacy per i restanti utenti Apple.

Ebbene, nel caso discusso avanti il Tribunale di Milano, il primo punto trattato dal giudice di primo grado è stato proprio quello relativo all’applicabilià o meno, al caso di specie, dell’ECPA.

A tal proposito è stato affermato che tale Act non poteva essere validamente invocato da Apple, considerato che la disciplina applicabile alla controversia in questione era quella “nazionale” (D.Lgs. 196/2003 e ss.mm.ii., “Codice Privacy”).

In secondo luogo, il Tribunale meneghino ha ritenuto pienamente sussistente il requisito di “urgenza” nella definizione della controversia, in sede cautelare, poichè, in assenza di un’azione tempestiva dei genitori, il contenuto del cloud appartenuto al ragazzo sarebbe andato perduto, come previsto dalla policy Apple a seguito di un consistente periodo di inattività.

Inoltre, secondo il Tribunale il ricorso avanzato dai genitori del ragazzo defunto doveva considerarsi ammissibile anche in forza delle ragioni familiari meritevoli di protezione, requisito espressamente previste dall’articolo 2-terdecies del “Codice Privacy” al fine di poter accedere ai dati personali di persone decedute.

Infine, secondo il Tribunale di Milano, il ragazzo defunto non aveva mai espresso per iscritto un diniego alla condivisione dei propri dati personali per cui – ragionando sulla base dei principi di cui alla L. 27 dicembre 2017 n 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”) – in assenza di un diniego certo e qualificabile, non vi sono ostacoli alla condivisione del materiale contenuto nel device (smartphone, pc…).

Pertanto, con la sentenza in commento il Tribunale di Milano ha ordinato ad Apple l’esecuzione del cosiddetto ”trasferimento di informazioni” dal telefono cellulare del defunto, divenendo quindi una delle prime corti europee ad opporsi al sistema di protezione dei dati fortemente restrittivo impartito dall’azienda di Cupertino.
DATI PERSONALI DEL DEFUNTO – APPLE DEVE SBLOCCARE I CONTENUTI
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