IL BULLISMO: UN FENOMENO CHE INTERESSA SEMPRE PIU’ LA GIURISPRUDENZA

Il bullismo viene definito dalla Treccani come un:

”atteggiamento di sopraffazione sui più deboli, con riferimento a violenze fisiche e psicologiche attuate specificatamente in ambienti scolastici o giovanili”.

Oltre ad essere un fenomeno vivo nelle cronache di tutti i giorni, il bullismo è sempre più spesso trattato anche dalla giurisprudenza, la quale soppesa il ruolo degli istituti scolastici nella propagazione del fenomeno stesso.

Proprio una sentenza del novembre scorso del Tribunale di Reggio Calabria (la n. 1087/2020) sottolineava l’esistenza di un obbligo di vigilanza sugli insegnanti, i quali si devono attivare – a tutela del minore – già in presenza delle prime avvisaglie.

Per avvisaglie si intendono sia segni fisici, rappresentativi di una violenza, sia segni di disagio psicologico, che possono sfociare in disturbi di vario genere, ad esempio disturbi del comportamento alimentare.

Nel caso valutato dal Tribunale di Reggio Calabria, il ctu aveva liquidato un danno pari al solo 2% di danno permanente, questo poichè la vittima, a detta della difesa, non aveva sufficienti ”prove” a suo favore di un effettivo danno psicologico patito (ad esempio ricevute comprovanti un percorso psicologico intrapreso con conseguente assunzione di psicofarmaci).

Il Tribunale in quest’occasione rigettava in toto le tesi del Miur affermando che:

”il fatto che la vittima non abbia sostenuto cure psicologiche non deve incidere sulla quantificazione del danno. Quello che rileva sono invece i sintomi da valutare sulla base di precisi criteri diagnostici che devono tenere conto di diversi fattori, come l’esposizione a minacce, l’alterazione successiva delle abitudini di vita, i sensi di colpa, la vergogna e l’isolamento della vittima. ”

Vieppiù poichè, nel caso in cui la famiglia di un ragazzo/a vittima di bullismo fosse costretta a citare in giudizio il Miur, per vedersi riconosciuto un qualche risarcimento, anche se si è in presenza di un’evidente negligenza dell’istituto scolastico di appartenenza, il Tribunale potrebbe anche condannare il Miur stesso per ”lite temeraria”.

Così ha fatto il Tribunale di Potenza lo scorso 12 aprile con sent. 425/2021, nella quale i giudici hanno evidenziato in primis una responsabilità ex art. 2048 c.c. sugli insegnanti per culpa in vigilando.

Questo poichè il bambino, non ancora adolescente, era stato lasciato da solo diverso tempo dagli insegnanti ed in bagno si erano verificati gli abusi da parte dei compagni di classe.

La vittima aveva di seguito manifestato tutti i sintomi di cui sopra, smettendo di frequentare la scuola, richiedendo di cambiare istituto e mostrando evidenti segni di turbamento psicologico.

Nonostante ciò, l’istituto smentiva la propria responsabilità ed il corpo insegnanti affermava di non aver potuto fare nulla poichè le violenze erano avvenute nei bagni della scuola.

I giudici potentini si sono espressi in modo chiaro: più piccola ed indifesa è la vittima, più aumenta l’obbligo di vigilanza del corpo insegnanti; i quali devono attivarsi alla comparsa già dei primi sintomi.

Di conseguenza, in casi come questo, vi sono i presupposti sia per il risarcimento del danno morale patito dal bambino e dalla sua famiglia, sia per la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c III comma.

Ciò che va poi considerato, è che spesso i fenomeni di bullismo non sono fenomeni isolati, ma diventano violenze parte di uno schema duraturo e complesso che assoggetta completamente la giovane vittima.

In questi casi, è evidente lo stato di soggezione e di dramma di tanti ragazzi, che spesso continua anche sui social, sfociando nel cosiddetto ”cyberbullismo”.

Per contrastare tale fenomeno è entrata in vigore il 18.06.2017 la legge contro il cyberbullismo, la n. 71/2017, definendolo:

”qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identita’, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonche’ la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o piu’ componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.”

Ogni minore che subisca uno di queste forme di violenza, potrà – a sua tutela – inoltrare al titolare del trattamento/al gestore del sito internet/del social media un’istanza per ottenere l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi suo dato personale diffuso in rete.

Ciò detto, ci si auspica che questo fenomeno venga arginato il prima possibile, se non addirittura sdradicato completamente dalla società, per il bene delle famiglie e delle giovani vittime.

Se non ti piace quello che vedi, cambia il tuo modo di guardare (Wonder, 2017).

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