LA CANCELLAZIONE DEL PROFILO DA PARTE DI FACEBOOK E LE SUE CONSEGUENZE IN AMBITO GIURIDICO

Il tribunale di Bologna si è recentemente occupato di un accadimento piuttosto comune: la cancellazione da parte di Facebook di un profilo appartenente ad un soggetto.

Più precisamente, nel caso di specie, si trattava di un profilo appartenente ad un libero professionista che si era iscritto sulla piattaforma ben 10 anni fa. Al suo account principale se ne ricollegavano altri due: uno sul collezionismo militare, l’altro relativo a libri e riviste militari, entrambe pagine create dal medesimo soggetto.

Di punto in bianco, le pagine ed il profilo personale erano stati cancellati, senza che Facebook segnalasse all’utente alcuna infrazione delle regole vigenti sulla piattaforma.

Data l’assenza di alcun tipo di avvisaglia, l’utente proponeva ricorso avanti il Tribunale di Bologna chiedendo la condanna al ripristino delle tre pagine e chiedendo il risarcimento del danno per ogni giorno di ritardo nel ripristino dell’account.

La resistente chiamata in giudizio si difendeva su due punti: la carenza di giurisdizione, identificando l’utente come consumatore, ed argomentando che era stato il consumatore stesso a non attivarsi per ben 7 mesi nei confronti di Facebook per chiedere la riattivazione delle pagine.

Diversamente, l’utente non si definiva consumatore, ma di utente ordinario di Facebook con la passione per il collezionismo militare, di cui discuteva nelle due pagine sopra indicate, ma soprattutto sottolineava di essersi attivato subito.

Nella sentenza il giudice bolognese innanzitutto riteneva infondata l’eccezione di carenza di giursdizione, questo perchè il ricorrente andava inquadrato, dato l’uso che era stato fatto del profilo stesso: ‘‘quale vetrina personale e professionale” quale utente comune, che nulla aveva a che fare con la disciplina consumerisica.

Egli inoltre aveva sufficientemente provato, a detta del giudice, il danno subito a fronte della perdita delle relazioni nei social network; difatti il ricorrente svolgeva la professione di avvocato e, la rete di Facebook era composta sì da suoi conoscenti ed amici, ma anche da clienti di lunga data e potenziali nuovi clienti.

Inoltre, il regolamento contrattuale esistente sulla piattaforma non prevedeva alcun diritto del gestore di recedere ad nutum, se non in presenza di una palese violazione delle direttive da parte dell’utente.

Nel caso di specie la cancellazione non era stata anticipata da alcuna violazione, nè esigenza oggettiva, e per questa ragione il Tribunale bolognese definiva il comportamento tenuto da Facebook come ”ingiustificato” e foriero di un inadempimento del gestore, ai sensi dell‘art. 1218 c.c.

Così come ingiustificata appare la distruzione dei dati del ricorrente, affermata dai tecnici Facebook, incapaci di riattivare l’account poichè i dati non erano più presenti nei loro database.

Il Tribunale ha affermato che questi avrebbero potuto facilmente custodire i dati per un certo periodo.

In ultima battuta, il fatto che il ricorrente si sia rivolto alla compagnia italiana, anzichè a quella irlandese, non può considerarsi un errore, poichè le due compagnie sono strettamente collegate ed operano spesso insieme.

Il giudice poi ha valutato un altro aspetto e si è soffermato su di esso prima di giungere alla soluzione definitiva della controversia; l’utente infatti aveva allegato al proprio ricorso un altro accadimeno alquanto strano: la cancellazione, sempre per mano di Facebook, dell’account del proprio difensore, giunta successivamente alla lettera di diffida formalmente inviata da quest’ultimo.

Anche su questo punto, Facebook non ha mai motivato la qui citata cancellazione, perciò il Tribunale di Bologna ha affermato che appare evidente la volontà di ”ritorsione” nei confronti del legale, con una conseguente gravissima lesione dei suoi diritti personalissimi.

Concludendo, la Corte affermava così che l’esclusione immotivata ed ingiustificata dai social del qui ricorrente, iscrittovi da più di 10 anni, aveva cagionato un danno – anche grave – alla vita di relazione dell’individuo.

Ciò che gli utenti creano sui social network è frutto di tempo, nonchè attività per niente semplice.

Così, il giudice condannava Facebook Ireland a risarcire in denaro il ricorrente, ordinava l’immediato ripristino dei profili, e condannava la resistente al pagamento delle spese processuali sottolinenando il fatto che quest’ultima aveva tenuto, tenendo conto della ”particolare gravità della condotta processuale”, una ”strategia difensiva in evidente malafede”.

LA CANCELLAZIONE DEL PROFILO DA PARTE DI FACEBOOK E LE SUE CONSEGUENZE IN AMBITO GIURIDICO
Per offrirti il miglior servizio possibile, in questo sito utilizziamo i cookies. Continuando la navigazione ne autorizzi l'uso. OK Maggiori informazioni