Corte d’Appello di Venezia – sentenza n. 2660 del 25.06.2019

Sulla nullità del mutuo fondiario per violazione del limite di finanziabilità fissato dall’art. 38 TUB

La concessione ed erogazione del credito fondiario, con particolare riferimento ai limiti di finanziabilità, è espressamente disciplinata dall’art. 38, comma 2, T.U.B. (D.Lgs. n. 385 del 1993), a termini del quale “il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili. La Banca d’Italia, in conformità delle deliberazioni del Cicr, determina l’ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonchè le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti”.  In ottemperanza dell’art. 38, comma 2, TUB, il CICR, con Delibera 22 aprile 1995, ha stabilito che l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi e che tale percentuale può essere elevata fino al 100% solo qualora vengano prestate garanzie integrative.

Nello stesso senso si pongono le istruzioni dettate da Banca d’Italia la quale, con circolare n. 229 del 21 aprile 1999 (titolo V, cap. 1 sezione II), ha disposto che le banche possono concedere finanziamenti di credito fondiario per un ammontare massimo pari all’80 per cento del valore dei beni immobili ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, ivi compreso il costo dell’area o dell’immobile da ristrutturare.
Come noto, la Corte di Cassazione, con diverse recenti pronunce ha ribadito che “in tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità del D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 38, comma 2, è elemento essenziale del contenuto del contratto e il suo mancato rispetto determina la nullità del contratto stesso, e costituisce un limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ed agevolare e sostenere l’attività di impresa”.
Con riguardo a quest’ultimo tema, vale la pena segnalare come la Corte d’Appello di Venezia, con la recente sentenza n. 2660 del 25.06.2019, abbia chiarito che “il valore da considerare ai fini dell’applicazione dell’art. 38 TUB è (in linea di continuità con la previgente disciplina di cui alla legge n. 474/49 in materia di credito edilizio e con la direttiva CE n. 2000/12) il “valore cauzionale” del bene, ovvero il valore che sia frutto di una stima basata sul “prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile”.Per l’effetto, in caso di compravendita di un immobile, la valutazione circa il valore cauzionale “non può che prendere le mosse dal prezzo che le parti hanno determinato all’esito delle trattative e, in mancanza di diverse allegazioni, va determinato in un valore necessariamente più basso di quel prezzo”.

(commento Avv. Fabio Lena).

 

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